P R O S S I M A M E N T E

Buone Feste - Sereno Natale - Un 2017 Migliore - Buone Feste - Sereno Natale - Un 2017 Migliore - Buone Feste - Sereno Natale - Un 2017 Migliore

sabato 30 giugno 2012

Vertice della Crescita: il venerdì nero di Angela la cancelliera

Scritto per Il Fatto Quotidiano del 30/06/2012

E’ proprio vero, che i paradossi non finiscono mai. Angela Merkel, cancelliera tedesca, una donna dell’Est, fa, per 24 ore, a Bruxelles la parte della cattiva dell’Europa: prova a darle, come di solito le riesce; ma questa volta le busca, nonostante il suo fedele scudiero, Sancho Panza di tante avventure, Herman van Rompuy, le tenga bordone. E poi, concluso il Consiglio Europeo, torna a Berlino e si presenta di fronte al Bundestag che s’appresta a votare sul patto di Bilancio e il fondo ‘salva Stati’, due pilastri della strategia europea anti-crisi: lì, Angela diventa paladina dell’Unione e dell’euro e chiede ai deputati di mostrare al mondo che la Germania s’impegna per l’integrazione.

Il Vertice della Crescita, com’era stato da tempo ‘battezzato’, una speranza più che una certezza, non sarà forse ricordato come uno dei ‘vertici fondatori’ dell’integrazione europea, come lo fu, ad esempio, nel 1991, quello di Maastricht, che decretò il passaggio dalle Comunità all’Unione e creò le premesse della moneta unica. Ma, di sicuro, non è stato il ‘vertice affondatore’ dell’Ue e dell’euro, come, alla vigilia, c’era il timore che fosse e come, a tratti, ha rischiato di essere.

La notte tra giovedì e venerdì ha avuto momenti drammatici. Di solito flemmatico, van Rompuy perde la pazienza, alza la voce, mette in castigo i leader dei 27, privandoli di tv e, quindi, del match tra Italia e Germania, all’insegna del “siamo seri”. E lei, Angela, sente che la situazione le sfugge: l’italiano, Mario, il suo amico Professore, è stavolta più determinato di lei; l’altro, il francese nuovo, Hollande, gli dà manforte; e persino i finlandesi la mollano e propongono un compromesso. Le resta accanto solo l’olandese, Rutte, uno francamente poco presentabile, dimissionario e che s’affida alla destra xenofoba e anti-islam: a Monti, Rutte dice che gli italiani devono “stringere i denti”. Ma che li stringa lui, che è caduto proprio su tagli per una manciata di miliardi di euro.

La cancelliera è tesa, irritata: ha la piega ai lati della bocca di quando le cose non le piacciono. Convince Van Rompuy a scendere in sala stampa a annunciare un accordo che non c’è. Poi , riprende a discutere: l’intesa, all’alba, sembra fatta. Ma lei, quando torna al Justus Lipsius, dopo neppure cinque ore di sonno, come i suoi colleghi, prova a riaprire il capitolo delle condizioni cui attivare lo scudo antispread. Quando parla con i due Mario, Monti e Draghi, con l’aria di dire “o così o niente”, ma il linguaggio del corpo la tradisce sulla difensiva. E fortuna che lì non c’è l’altro Mario nazionale, il Balotelli stile Mandingo della doppietta anti-Germania, ché allora ci sarebbe davvero da avere paura.

Il Vertice finisce. Lei, in conferenza stampa, non fa buon viso a cattivo gioco: lascia aperta la porta a ulteriori negoziati sulle condizioni d’attivazione dello scudo e si trincera dietro la sicurezza dei no di sempre (agli eurobond, per esempio) e del rispetto delle regole. Poi, vola a Berlino, dove il sì del Parlamento al Patto di Bilancio e al fondo ‘salva Stati’ non è in forse, ma dove la coalizione di governo sciorina le proprie debolezze. Infatti, sia al Bundestag che al Bundesrat, la Camera dei Laender, che vota a seguire, c’è bisogno di una maggioranza dei due terzi per adottare i due testi: la Merkel non ce l’ha, ma ha negoziato l’appoggio dei socialdemocratici e dei Verdi , barattando il sì con il lancio del Patto per la Crescita europeo varato dal Vertice –e voluto con forza proprio da Francia, Italia, Spagna-.

Le decisioni di Bruxelles, che la Merkel definisce in aula “buone e ragionevoli”, creano, però, malumore fra i deputati, perché il fondo ‘salva Stati’ si vede attribuire nuove funzioni ancora prima d’essere stato ratificato e d’essere, quindi, entrato in vigore. I suoi denari, infatti, potranno ora servire alla ricapitalizzazione di banche in difficoltà, oppure all’acquisto di porzioni del debito di Paesi in difficoltà. C’è chi tenta di rinviare il voto, come il partito di sinistra Die Linke, ma si va avanti.

L’entrata in vigore dei due strumenti non è, del resto, imminente. Il Patto di Bilancio, sottoscritto da 25 dei 27 –fuori Gran Bretagna e Repubblica Ceca-, è stato finora ratificato solo da una manciata di essi; e il fondo ‘salva Stati’, che doveva partire il 1.o luglio, aspetta ancora le ratifiche, fra l’altro, della Spagna e dell’Italia. La stessa Germania, nonostante il voto parlamentare, non starà nei tempi: il presidente Gauck ha infatti detto che firmerà il provvedimento solo fra qualche settimana. Mentre i deputati votano, il ministro delle finanze Schaeuble critica chi dice che a Bruxelles la Germania ha perso e l’Italia e la Spagna hanno vinto, ma i titoli tedeschi raccontano la stessa storia: Mario 2 – Angela 1. Il 9, quando l’Eurogruppo dovrà mettere in bella la minuta dei leader, tocca a Schaeuble provare a pareggiare.

venerdì 29 giugno 2012

Vertice della Crescita: vince l'Unione, scudo, crescita Tobin Tax

Scritto per EurActiv e L'Indro, in versioni diverse, il 29/06/2012

Non sarà forse ricordato come uno dei ‘vertici fondatori’ dell’integrazione europea, come lo fu, ad esempio, nel 1991, quello di Maastricht, che decretò il passaggio dalle Comunità all’Unione e creò le premesse della moneta unica. Ma, di sicuro, non è stato il ‘vertice affondatore’ dell’Ue e dell’euro, come, alla vigilia, c’era il timore che fosse.

Caricato di ansie e di attese, il Consiglio europeo del 28 e 29 giugno, il Vertice della Crescita, com’era stato da tempo ‘battezzato’, ha riproposto un classico comunitario: la trattativa senza soste, fin nel cuore della notte; e ha sortito una serie di risultati concreti, superando i contrasti iniziali, forti soprattutto tra la Germania e i ‘Paesi dello spread’, Italia e Spagna, cui ha dato buon appoggio la Francia.

S’è così arrivati a decidere lo scudo ‘anti-spread’ voluto soprattutto da Roma e da Madrid, a varare il Patto per la Crescita con 120 miliardi di euro che dovrebbero generare un volume d’investimenti molto superiore, a tracciare un percorso verso l’introduzione della Tobin Tax (entro l’anno) e, a più lunga scadenza, verso la realizzazione di un’Unione bancaria che integri e consolidi l’ancora incompleta Unione economica e monetaria.

Certo, le decisioni del Vertice non sono tutte limpide: lo scudo ‘anti-spread’ sarà perfezionato, il 9 luglio, dall’Eurogruppo, a livello di ministri delle finanze. E lì si dovrà chiarire se e come ci sarà condizionalità dell’intervento del fondo ‘salva Stati’ e quale eventualmente sarà il ruolo della troika costituita da Commissione europea, Bce e Fmi. E i soldi del Patto della Crescita non sono mica tutti ‘freschi’. Anzi, solo una minima parte lo è.

Gli integralisti dell’integrazione vi diranno che non s’è parlato degli eurobond (cioè, ne ha riparlato in conferenza stampa la cancelliera tedesca Angela Merkel, ma solo per ribadire il proprio no). E che non s’è neppure deciso di creare un ministro delle finanze europeo. Ma quelli sono elementi di prospettiva decennale, a lungo temine, contenuti nel rapporto dei quattro presidenti, Van Rompuy (Consiglio europeo), Barroso (Commissione europea), Juncker (Eurogruppo) e Draghi (Bce). Per il vice-presidente della Commissione europea Antonio Tajani, con quel rapporto e con le sue decisioni l’Unione imbocca la via degli Stati Uniti d’Europa.

Del resto, chi bada al sodo, e cioè i mercati, interpreta in modo positivo le conclusioni del vertice: le borse vanno su forte, lo spread va giù, scende pure sotto 410. E, da Washington, il presidente Usa Barack Obama, molto attivo la vigilia nel sensibilizzare i partner europei sui temi della crescita e del lavoro, fa giungere il suo plauso: giudica “incoraggianti” i provvedimenti adottati, ritiene che siano stati fatti “progressi” per superare la crisi e prendere la strada della ripresa.

Mettendo insieme la vittoria degli Azzurri agli Europei contro i tedeschi e il successo sullo scudo del premier Monti, molti media italiani parlano di “notte storica” e ‘celebrano’ la sconfitta della cancelliera Merkel. Monti è, come vuole il suo cliché, più sobrio: dice che ora l’euro è più forte –infatti, la moneta s’apprezza sul dollaro- e aggiunge che l’Italia non intende, almeno per ora, ricorrere allo scudo (impegno analogo assume per la Spagna Mariano Rajoy). Quanto al rapporto con la Merkel, che le immagini mostrano a tratti tesa, nervosa, irritata, Monti lo definisce ottimo.

Vince l’Europa, e quindi vince l’Italia, senza che la Germania perda –a Bruxelles, non a Varsavia, dove le busca-. Le procedure per attivare lo scudo andranno chiarite nel giro di dieci giorni: Monti e Rajoy affermano che la troika non avrà nulla da dire per i Paesi virtuosi, quelli, cioè, come i loro, che fanno i compiti a casa; per la Merkel, l’erogazione dei fondi seguirà “le regole esistenti”; e Draghi conferma il rispetto “delle regole previste”.

Al Consiglio europeo, la ‘grande assente’ è la Grecia: se ne parla poco, dopo averle dedicato Vertici non solo europei, ma mondiali, come il G20 del 18 e 19 giugno. Il governo uscito dalle elezioni bis del 17 giugno è ‘zoppo’, perché il premier Antonio Samaras non è a Bruxelles per motivi di salute. E, allora, il problema della revisione, o meno, del memorandum d’intesa fra Ue e Grecia non emerge: se ne riparlerà, forse già all’Eurogruppo del 9 luglio, che ha un ordine del giorno gonfio.

Tirato un sospiro di sollievo, l’Unione ha davanti a sé un week-end d’estate piena e potrà gustarsi senza patemi la finale ‘in famiglia’ degli Europei a Kiev. I rappresentanti dell’Ue, però, non ci saranno (e dire che Barroso è un appassionato di calcio): in segno di protesta contro le violazioni dei diritti dell’uomo del governo ucraino, che imprigiona e perseguita gli oppositori politici, la Commissione e le altre Istituzioni europee disertano l’evento. Premier Monti, lei è proprio sicuro di doverci andare?

Vertice della Crescita: vigilia, più ansie che speranze, toni di guerra

Scritto per Il Fatto Quotidiano del 29/06/2012

Come in un tappone alpino di quelli tosti, la strada parte in discesa: si scende dalla montagna scalata il giorno prima, prima di attaccare i nuovi colli. E, così, il Consiglio europeo di Bruxelles parte lasciandosi alle spalle il Patto per la Crescita, che, fino alla settimana scorsa, appariva il traguardo più importante, e si prepara ad affrontare il rafforzamento dell’integrazione con l’Unione bancaria, la Tobin Tax, soprattutto lo ‘scudo anti-spread’ per mettere Italia e Spagna al riparo dal contagio della crisi di fiducia che viene dalla Grecia.

L’ultima scalata, la più difficile, perché richiede decisioni immediate, mentre dell’Unione bancaria staremo a parlare per anni e di Tobin Tax almeno per mesi, i 27 non l’affronteranno insieme: sarà un drappello, i 17 dell’eurozona, a cercare di raggiungere l’obiettivo. I programmi prevedono che i negoziati si concludano in giornata, ma Monti è pronto ad andare avanti a oltranza, fin quando lunedì non aprano i mercati.

Il Consiglio europeo, il Vertice della Crescita, com’era stato battezzato –adesso, dovremmo parlare di Vertice dello Scudo-, parte tra mille fibrillazioni e molti auspici: l’impegno che tutti accettano è di uscire più uniti da questo 2012, uno degli anni più difficili per l’Europa del dopoguerra. A nome del club dei presidenti, Juncker, Eurogruppo, e Draghi, Bce, presentano un rapporto, firmato pure van Rompuy (Consiglio) e Barroso (Commissione), per il completamento dell’Unione economica –per ora, c’è solo quella monetaria ed è pure parziale- e la nascita degli eurobond. Chissà quando.

C’è chi parla di Vertice storico, chi di Vertice più importante nella storia dell’integrazione. Come, prima, lo sono stati altri: Milano 1985, o Maastricht 1991, o Lisbona 2007, le tappe di passaggio dalle Comunità all’Unione e all’attuale Trattato. Il clima è meno solenne: c’è più ansia che speranza intorno. Ma i toni s’attenuano quando il confronto diventa negoziato: la Germania prima ‘apre’ sullo scudo e si dice pronta a misure a breve termine e a una condivisione del debito, poi si riprende il gioco in mano, mentre montano le pressioni sulla Merkel, ‘mollata’ dalla fedelissima Finlandia.

Il presidente del Parlamento europeo, Schulz, tedesco, ma Spd, chiede ai leader di evitare all’Europa “una nuova guerra”. E Confindustria paragona i danni della crisi a quelli di una guerra. L’Unione ha garantito la pace europea più lunga, lo farà ancora. Speriamo.

Vertice della Crescita: l'Italia vince a Varsavia e la spunta a Bruxelles

Scritto per EurActiv il 29/06/2012 

L’Italia che vince a Varsavia contro la Germania la spunta anche a Bruxelles: dopo un negoziato notturno,  protrattosi fin quasi alle 5 del mattino, il premier Monti ottiene un accordo su un meccanismo anti-spread che dovrebbe essere applicato entro il 9 luglio e che potrebbe –è la speranza- stabilizzare i mercati. Il sì sullo ‘scudo’ sblocca anche il pacchetto di misure del Patto di Crescita, tenuto fermo dalle riserve di Italia e Spagna. E così i due Paesi che domenica disputeranno la finale degli Europei a Kiev - quello sì un ‘derby dello spread’ – sono stati protagonisti, da alleati, non da avversari, pure al Consiglio europeo, il cui inizio è stato meno ‘morbido’ di quanto ci si poteva aspettare e che ha poi avuto, dopo la mezzanotte, momenti di tensione e, alla fine, uno sbocco positivo.

L’intesa, maturata in una riunione ad hoc dell’Eurogruppo, è stata annunciata dal presidente del Vertice Herman van Rompuy. Durante la discussione, c’è chi riferisce di qualche irritazione del cancelliere tedesco Angela Merkel, rimasta relativamente isolata: le pressioni di Roma e Madrid hanno infatti trovato appoggio nella posizione del presidente francese François Hollande, dichiaratosi pure favorevole a un ‘ministro delle finanze europeo’ –una forte concessione ‘federalista’, da parte di un Paese che ha il culto della propria sovranità-.

A cose fatte, il presidente Monti ha precisato che l’Italia non intende avvalersi, nell’immediato, delle misure –e ha pure annunciato che domenica sarà a Kiev, ad assistere alla finale degli Europei-. Il meccanismo anti-spread previsto , con il ricorso ai fondi Afsm ed Esm, non è condizionato, per questi paesi come Italia e Spagna giudicati ‘virtuosi’ perché hanno fatto, o stanno facendo, i ‘compiti a casa’: Roma e Madrid non saranno quindi soggette, come Atene, al gioco della troika di Commissione europea, Bce ed Fmi.

Fra le indicazioni del Vertice, anche la ricapitalizzazione diretta delle banche e l’affidamento alla Bce di un ruolo pieno di supervisione delle banche. Monti giudica le misure soddisfacenti per stabilizzare i mercati e, in effetti, le prime reazioni delle Borse sono positive.

Vertice della Crescita: l'Italia vince a Varsavia, tiene duro a Bruxelles

Scritto per EurActiv e, in versione diversa, L'Indro il 28/06/2012

Contro la Germania, l’Italia vince a Varsavia e tiene duro a Bruxelles, dove l’accordo sul Patto di Crescita è vicino, al termine della prima giornata del Consiglio europeo, ma è tenuto bloccato dalle riserve di Italia e Spagna, che vogliono misure ‘anti-spread’ a medio e a breve termine. E così i due Paesi che domenica disputeranno la finale degli Europei a Kiev - quello sì un ‘derby dello spread’ -, sono protagonisti, da alleati, non da avversari, anche a Bruxelles, in un Vertice europeo che comincia meno ‘morbido’ di quanto ci si poteva aspettare.

Infatti, il presidente del Vertice Herman Van Rompuy aveva voluto iniziare la riunione dell’ ‘ultima chiamata’ contro la crisi, varando il Patto per la Crescita, un pacchetto già confezionato da 130 miliardi di euro, che dovrebbero generare investimenti molto superiori e consentire di creare posti di lavoro. Ma il capitolo non s’è chiuso proprio perché il premier Mario Monti e il capo del governo spagnolo Mariano Rajoy non ci stanno a considerarlo un capitolo a sé: va insieme al rafforzamento dell’Unione economica, specie verso l’Unione bancaria, e a un rilancio dell’Unione politica; ma, soprattutto, non può prescindere da risposte immediate alla crisi di fiducia dei mercati per arginare le corse parallele dei tassi e dello spread che asfissiano Madrid e Roma. Altrimenti, lo spread si porta via i benefici della crescita.

Aprendo i lavori a Bruxelles, il presidente del Consiglio europeo Herman van Rompuy aveva anticipato: “Adotteremo misure importanti per la crescita e il lavoro”, sottolineando che gli europei sono “inquieti per il presente e ansiosi per il futuro”. Le borse, che mercoledì parevano avere preso un bello slancio, hanno ieri chiuso in rosso, con l’eccezione di Milano, nonostante l’analisi nera di Confindustria: l’Italia è nell’abisso, i danni della crisi sono quelli di una guerra, il Pil nel 2012 scenderà del 2,4%, nel 2013 saranno persi 1,5 milioni di posti di lavoro e non si raggiungerà il pareggio di bilancio.

All’apertura dei lavori, le dichiarazioni testimoniano, almeno, buona volontà. La Germania apre spiragli nella trattativa, la Finlandia avanza una proposta di compromesso che l’Italia giudica insufficiente, il presidente francese François Hollande auspica “soluzioni molto rapide per sostenere quei Paesi in difficoltà sui mercati che hanno fatto sforzi considerevoli” per mettere i conti in ordine e avviare le riforme (un riferimento a Italia e Spagna).

La crisi ha avuto un ulteriore inasprimento questa settimana, quando la Spagna e Cipro sono divenuti, rispettivamente, il 4° e 5° paese dell’eurozona a sollecitare un aiuto finanziario, dopo Grecia, Irlanda e Portogallo. Il premier belga Elio di Rupo ne trae spunto per osservare che “Italia, Spagna, Grecia, Cipro, Portogallo hanno grandi difficoltà. Se non li aiutiamo, ci sarà un effetto domino su tutta l’Europa: dobbiamo prendere misure d’urgenza”.

All’interno dell’eurozona, gli scarti dei tassi d’interesse aumentano perché i mercati non si sentono sicuri della sopravvivenza dell’euro. Madrid, che vede i suoi tassi avvicinarsi al 7%, e Roma, dove i titoli decennali si piazzavano oggi al 6,19%, non possono pensare di finanziarsi a lungo a queste condizioni. Anche per questo, il premier Monti è “pronto a lavorare a oltranza”, fino a domenica sera, se necessario, mentre il Vertice dovrebbe concludersi venerdì nel primo pomeriggio, perché i mercati finanziari, alla loro riapertura, si trovino di fronte “un insieme di soluzioni convincenti”. E la cancelliera tedesca Angela Merkel fa sapere che alle 15 deve andarsene.

Il tentativo è quello di persuadere proprio la cancelliera, che guida la maggiore economia della zona euro, ad accettare delle soluzioni di corto termine per fare scendere la pressione sui mercati. Monti era giunto a prospettare una sorta di baratto tra quello che è divenuto lo “scudo anti-spread” e l’introduzione di una Tobin Tax sulle transazioni finanziarie, voluta dalla Germania e che potrebbe essere l’oggetto di una cooperazione rafforzata in senso all’Unione europea, cioè essere adottata da alcuni dei 27, mentre altri, che non la vogliono, non l’applicherebbero.

Fra le misure ipotizzate come scudo anti-spread, c’è l’attivazione del Fondo di soccorso dell’eurozona, il Fesf, perché acquisti debiti di Stato. Un’altra ipotesi è di dotare il fondo della possibilità di prendere soldi in prestito dalla Bce. Berlino era finora contraria alla seconda ipotesi e non vuole che i fondi di soccorso europei contribuiscano direttamente alla ricapitalizzazione delle banche fin quando la sorveglianza finanziaria sulle stesse resterà a livello nazionale.

Questo vertice, che segna la fine del semestre di presidenza danese del Consiglio dei ministri dell’Ue, è il 20.o dall’esplosione della crisi. David Cameron, premier britannico, commenta così: “La gente è frustrata dal vedere che continuiamo a riunirci e che non prendiamo decisioni. I Paesi dell’eurozona devono prendere decisioni difficili e noi dobbiamo incoraggiarli ad andare avanti” (salvo poi, Mister Cameron, tirarsi indietro quando gli altri lo fanno).

giovedì 28 giugno 2012

Euro/Europei: Italia-Germania, più Merkel che Klose

Scritto per il blog de Il Fatto il 28/06/2012

Roma, via del Corso, un bel bar con aria condizionata: 10 del mattino; e, poi, di nuovo, 3 del pomeriggio. Crocchi di persone, colleghi, più che amici, 50 anni e passa, parlano al bancone prendendo il caffè –alcuni freddo-. “Oggi, è la giornata decisiva”. “Questa volta, ci dà una lezione”. “Manco per sogno, Mario s’inventa qualcosa”. Capto le battute, penso: “Già, la partita: Italia-Germania, la gente oggi non pensa ad altro”, soprattutto quelli della mia generazione, che tutti si ricordano dov’erano la sera della semifinale di Città del Messico (il 4 a 3 che non finiva più) e che quel match è memorabile almeno quanto la nascita del primo figlio (tra l’altro, per me, il 13 luglio 1982, il giorno dopo un’altra Italia-Germania indimenticabile, il 3 a 1 al Santiago Bernabeu di Madrid nella finale dei Mondiali). E il trittico di una generazione finisce a Dortmund, lo 0 a 1 in casa dei rivali, semi-finale di altri Mondiali vinti nel 2006: stasera, facciamo poker; o, magari, comincia il trittico d’una generazione di tedeschi.

Ascolto meglio. E scopro che le conversazioni da Bar Commercio non si riferiscono alla partita, ma al vertice dell’Ue a Bruxelles: la giornata non è decisiva per gli Europei, ma per l’Europa; a darci una lezione, non sarebbe la Germania pedatoria di Joachim Loew, ma quella istituzionale di Angela Merkel; e il Mario che s’inventa qualcosa non sarà il Balottelli, che è meglio non s’inventi nulla, con la testa che ha –i piedi, quelli, sono buoni-, ma il professor Monti.

Hai visto, com’è cambiato il Bar Commercio dell’Italia ‘tanti sacrifici e poco lavoro’? Saranno i media, con i loro titoli da ultima spiaggia dell’Unione europea. Sarà la stanchezza della crisi, che fa sperare buone notizie dal fronte dell’euro. Sarà che, se l’Italia vince a Varsavia, ci cambia la vita per una sera, ma se l’Italia, e l’Europa, perdono a Bruxelles ci cambia la vita per un pezzo, e di brutto. Insomma, fatto sta che la Merkel fa più audience al bar di Klose… Quasi quasi mi gioco l’Italia vincente, a Bruxelles, non a Varsavia. Ma il sito mi rifiuta la puntata: l’accetta solo per la partita, non per il Vertice. Che loro sappiano già come va a finire?, il Vertice, intendo, non la partita; che qualcuno dei 27 si sia venduto, o comprato, l’Europa? Io non ci credo: a Bruxelles non perdiamo; e a Varsavia, chissà…

Vertice della Crescita: scenari europei, la cena e il bivacco

Scritto per Il Fatto Quotidiano del 28/06/2012

La grande hall tutta ferro e cristallo del Justus Lipsius, il palazzo che ospita il Consiglio dei ministri dell’Ue, si trasforma, per i Vertici europei, in sala stampa: due lunghe serie di file di tavoli di lavoro parallele le conferiscono la sobria eleganza di una mensa militare. Appena fuori, rue de la Loi, l’autostrada urbana che taglia in due il quartiere europeo, viene chiusa al traffico. Dentro, centinaia di giornalisti prima sostano e poi bivaccano in attesa di notizie. Alla fine, comunque vada, la scena è da ‘day after’ dell’informazione europea: documenti divenuti cartacce, bottiglie, bicchieri, residui alimentari. Mancano i mozziconi di sigarette, ormai banditi.

Al palazzo, le delegazioni arriveranno, in ordine protocollare, nel primo pomeriggio. Monti sarà già a Bruxelles: ieri sera, ha ricevuto il premio assegnatoli dall’Associazione dei contribuenti europei. Ma la maggior parte dei suoi colleghi giungeranno la mattina, per i consulti di partito preliminari, o addirittura a ridosso della riunione. All’ingresso, crocchi di giornalisti e battute di circostanza, che, però, faranno titolo per qualche ora, addobbando l’attesa.

Il presidente del Vertice Herman Van Rompuy prevede un avvio dei lavori senza scosse: l’incontro con il presidente del Parlamento europeo Martin Schulz, un giro di tavola da clessidra –tre minuti ciascuno- sulle prospettive finanziarie dell’Ue 2014-’20: nessuna decisione in vista, c’è un sacco di tempo per ‘stringere’.

Alle 18.00, le cose si fanno serie: si parla di crescita e lavoro. Van Rompuy prevede una discussione breve: il che vuol dire che l’accordo è quasi fatto, se non già bell’e confezionato. I portavoce cominciano a scendere in sala stampa: portano ai giornalisti che li assediano notizie e, soprattutto, annunci di conferenze stampa. Perché, prima di cena, ci sarà spazio per la buona novella del Patto per la crescita e l’occupazione.

Così, uno pensa, dopo cena, ‘quelli’, cioè i leader, potranno vedersi Italia-Germania. Non è così: ‘quelli’, a cena, e dopo, con il presidente della Bce Mario Draghi, cominciano ad azzannare l’osso: il futuro dell’Unione monetaria. Non bisogna prendere decisioni di dettaglio, ma van Rompuy s’aspetta che il Vertice delinei il percorso per rafforzare l’integrazione. Sopra, il dibattito s’accende. Sotto, si bivacca. E si può andare avanti ad oltranza, si può tirare l’alba: dopo la mezzanotte, però, la scena si dirada, perché gli inviati dei quotidiani ‘staccano’. Restano tv, radio, agenzie, quelli, cioè, in servizio permanente effettivo.

Se la notte non bastasse, il mattino dopo si riparte. Il Vertice dovrebbe concludersi entro le 12.00. Ma il veleno potrebbe stare nella coda: il pranzo dell’Eurozona potrebbe essere il momento topico, con nel menù la Grecia e i rischi di contagio.


mercoledì 27 giugno 2012

Vertice della Crescita: i negoziati, Monti baratta Tobin Tax con scudo

Scritto per EurActiv il 27/06/2012 e, in altra versione, per Il Fatto Quotidiano del 28/06/2012

La lettera inviata ieri mattina ai leader dei 27 dal presidente del Consiglio europeo Herman van Rompuy è chiara: il Patto per la Crescita e l’occupazione, in pratica i 130 milioni di euro ‘confezionati’ dal Quadrangolare di Roma venerdì scorso, è cosa fatta, accanto al Patto di Bilancio concluso l’inverno scorso. Si discute ancora sul rafforzamento dell’Unione economica e monetaria, magari con la cosiddetta Unione bancaria, sulla Tobin Tax -alcuni dei 27 potrebbero adottarla senza aspettare l’accordo degli altri- e, soprattutto, su come blindare l’eurozona dagli attacchi della speculazione e dai rischi del contagio (un’idea è lo scudo anti-spread).

Per il commissario europeo all’economia Olli Rehn, l’attuale differenziale di Italia e Spagna “non è sostenibile”, ma lo scudo, così come lo propone Monti, è “insufficiente”. Il premier spagnolo Mariano Rajoy sbotta: “Con questi spread, non potremo finanziarci a lungo”. La cancelliera tedesca Angela Merkel ripete il no a “soluzioni facili e veloci” e a una “troppo rapida condivisione di responsabilità sui debiti sovrani”. E Monti prova a sparigliare: “Tobin Tax solo se si fa di più contro lo spread”.

Di Grecia, si parla un po’ meno in questa vigilia, forse perché a Bruxelles non ci sarà il premier Antonio Samaras, causa distacco della retina,. Mentre il polverone della vigilia sugli eurobond è solo fuffa: tutti sanno benissimo che non saranno decisi né domani, né presto; questione di anni, tanto da suggerire alla Merkel una battuta quasi iettatoria, “mai fin che sarò viva”, ché al massimo poteva dire “mai fin quando sarò cancelliera”.

Il copione è consueto: quando s’avvicina il momento di mettere le carte sul tavolo del negoziato, ciascuno si tiene ben strette in mano le sue, anche quelle che ha già mostrato, lasciando intendere d’essere pronto a giocarle. E la trattativa di colpo s’inasprisce, anche là dove i risultati parevano (e sono) ormai acquisiti

L’ultimo consulto che conta prima del Vertice della Crescita, che, adesso che ci siamo sotto, perde un po’ dello smalto storico, è all’Eliseo: una cena tra il presidente francese François Hollande e la stessa Merkel, che danno in pasto alla stampa un generico impegno a “rafforzare l’Ue” verso 2L’Unione politica”. Prove di direttorio? C’è un feeling da costruire, nel solco dell’incontro a Roma fra Italia, Francia, Germania e Spagna ripetuto martedì, a Parigi, a livello di ministri delle finanze.

Monti è già a Bruxelles, pronto –dice- “a negoziare a oltranza”.. Nella capitale europea, gli giunge la notizia del varo della riforma del lavoro (393 sì, 74 no, 46 astenuti): gli servirà, oggi, per potere mostrare ai partner che l’Italia sta facendo i compiti a casa. Però, il premier sperava meglio: l’atteggiamento del Pdl (“questa è l’ultima volta che cala la mannaia della fiducia”) non lascia presagire nulla di buono, nel giorno in cui Pdl e Lega ritrovano un feeling sul Senato federale. E l’appoggio del Parlamento al Governo per la kermesse europea non si traduce, come il Professore chiedeva, in una mozione unitaria, ma in due documenti (uno di Pd e Udc e uno del Pdl, che, però, vota anche l’altro).

Certo, il Parlamento italiano chiede tutto: Piano per la Crescita, Unione economica e politica, Tobin Tax, scudo antispread. Di che consentire a Monti di negoziare “in spazio aperto”. Manca poco ci aggiunga subito gli eurobond, che la cancelliera, perché nessuno s’illuda, torna a definire “economicamente sbagliati e controproducenti”

Le miserie politiche di casa nostra non impediscono al premier di ricevere il plauso di Hollande e della Merkel, che, dopo avere brandito martedì il bastone, agita la carota: “Con Monti –dice-, l’Italia è sulla buona strada”, viaggia verso il risanamento finanziario, la crescita e l’occupazione.

Anche i mercati scommettono che il Vertice della Crescita non sarà un flop, pur se lo spread non scende sotto 460 punti: le borse europee chiudono positive, con Milano la migliore, incoraggiate anche dagli ultimi dati economici Usa e dalla decisione dell’eurogruppo di concedere a Cipro gli aiuti richiesti, così che l’isola Stato possa gestire l’impatto della crisi greca. Come già accaduto altrove, l’assistenza finanziaria sarà subordinata al risanamento delle finanze e sarà negoziata dalla troika Commissione europea, Bce e Fmi.

martedì 26 giugno 2012

Vertice della Crescita: gli obiettivi, i negoziati, le possibili conclusioni

Scritto per EurActiv il 26/06/2012

Al Parlamento italiano, il premier Mario Monti prospetta gli obiettivi per il Vertice della Crescita, il Consiglio europeo del 28 e 29 giugno: misure per la crescita e meccanismi per stabilizzare l’euro e garantire la tenuta delle banche. In serata, ne discutono a Parigi i ministri dell’economia di Francia, Germania, Spagna e Italia, insieme al responsabile europeo dell’economia Olli Rehn. Domani sera, all’Eliseo, una cena di lavoro tra il presidente François Hollande e la cancelliera Angela Merkel sarà l’ultimo atto della diplomazia ‘pre-Vertice’.

Il nervosismo è andato crescendo nelle ultime 48 ore: borse europee deboli, lo spread su a 469. L’Ocse non rasserena il clima: un rapporto dice che la crescita 2012 e 2013 resterà moderata negli Usa e che il mercato del lavoro sarà altalenante. Di che certo consigliare al presidente Barack Obama, che lunedì aveva chiamato il premier Monti, di insistere sugli europei per la crescita.

I negoziati - In attesa della maratona di fiducie sulla riforma del lavoro, Monti, a Roma, incontra i leader del Pdl e del Pd e spiega loro di essere pronto a trattare ad oltranza al Vertice: “Lo spazio negoziale non manca”, dice, ma ci vuole un tandem Governo-Parlamento (invece, la mozione comune pre Consiglio europeo è tutt’altro che sicura: l’accordo, per ora, si limiterebbe al preambolo ). Bersani pensa che “si esagera in pessimismo” sul Vertice e giudica “un pazzo” chi propone l’uscita dall’euro, Berlusconi, invece, sostiene che “il Pdl non può togliere ora la fiducia a Monti, perché per l’Europa sarebbe una catastrofe”, ma aggiunge di essere pronto a fare il ministro dell’economia in un governo con premier Alfano.

Da Bruxelles, il giorno dopo l’ennesimo scontato no agli eurobond della Merkel, viene un prudente rilancio: secondo un rapporto redatto dai quattro presidenti, Herman Van Rompuy (Consiglio europeo), Manuel Barroso (Commissione), Jean-Claude Juncker (Eurogruppo) e Mario Draghi (Bce), l’ipotesi deve essere esplorata “in una prospettiva a medio termine”. Da attuare subito, invece, sarebbe una gestione in comune della parte dei debiti nazionali eccedente il 60% del Pil.

Le conclusioni - In questa ridda di incontri, rapporti, dichiarazioni, quali sono le conclusioni credibili del Consiglio europeo di fine mese? Fronte crescita, ci sono i 130 miliardi annunciati dal Quadrangolare di venerdì a Roma, ben pochi dei quali, però, sono denaro fresco: molto è di risulta, ricavato raschiando il fondo del barile dei bilanci dell’Ue; un po’ deve ancora essere reperito sui mercati.

Il piano, che, nelle dimensioni e nella composizione, assomiglia molto a quello fatto filtrare alla stampa dal presidente Hollande domenica 17, somma il recupero di fondi per la coesione non spesi, nell’ordine di 82 miliardi di euro (8 dei quali circa per l’Italia); l’impiego di fondi della Banca europea per gli investimenti, che deve essere ricapitalizzata per 10 miliardi di euro (con una capacità di generare investimenti, si calcola, fino a 180 miliardi di euro); la raccolta di project bond su progetti specifici –inizialmente una mezza dozzina, ma destinati a crescere -.

Il vero petrolio della crescita sarebbe per l’Ue il completamento del mercato unico, che potrebbe da solo valere il 2% del pil a costo zero. Chissà se qualcuno a Bruxelles tirerà finalmente fuori dai cassetti le proposte in merito presentate da Mario Monti nel 2010, quando era solo un consulente della Commissione e non ancora un premier.

Oltre al alle misure per la crescita, le conclusioni del Consiglio europeo potrebbero prevedere un rafforzamento dell’integrazione economico-finanziaria, in particolare con il completamento dell’Unione di Bilancio e il lancio dell’Unione bancaria, e, forse, un rilancio dell’Unione politica, proposto dalla Germania magari per ‘testare’ l’europeismo di Hollande, visto che la Francia non è mai stata federalista, ma, anzi, piuttosto gelosa delle prerogative statali.

L’interrogativo più concreto è il ricorso a una Tobin Tax sulle transazioni finanziarie: i Grandi dell’Euro la vogliono –venerdì, lo hanno detto sia i leader a Roma che i ministri delle finanze a Lussemburgo-, ma Londra resiste. Secondo alcune stime, l’introito annuale potrebbe essere di 57 miliardi di euro –oltre un terzo del bilancio dell’Unione-, che andrebbero a rafforzare le capacità di spesa per la crescita, la ricerca, l’innovazione, l’istruzione.

Nel limbo, per ora, due proposte italiane, che non convincono Berlino: la distinzione tra spese e investimenti, nel computo dei disavanzi dei bilanci nazionali; e l’ipotesi d’utilizzare risorse del fondo ‘salva Stati’ per acquistare bond sul mercato secondario e allentare la pressione finanziaria su Italia e Spagna.

Ue: crisi, la Merkel rimette le cose in salita

Scritto per il blog de Il Fatto Quotidiano il 25/06/2012

Se uno s’illudeva che le cose si fossero messe in discesa per l’Ue e per l’euro, dopo il Quadrangolare di Roma venerdì scorso, la cancelliera Merkel le rimette subito in salita: boccia “soluzioni facili”, predica “responsabilità e controlli” –e la crescita-? Gli eurobond, che il presidente Hollande si ostina a mantenere sull’agenda, sono “sbagliati politicamente ed economicamente”. Solo al premier professore, la Merkel riserva una strizzatina d’occhi: “Monti può risolvere –dice- i problemi dell’Italia”. Sempre che non li risolva Prandelli, giovedì sera, imbrigliando la Germania mentre i leader, a Bruxelles, discuteranno di spread e project bond.

E’ da sudori freddi, l’avvio della settimana di passione dell’Europa contro la crisi e per la crescita: una settimana comunque corta, che si chiuderà venerdì, senza prospettive di resurrezione la domenica, se le cose andassero male. La Merkel raggela chi la fa facile, mentre esplodono nuove tensioni e preoccupazioni sull’asse cruciale Bruxelles-Atene: tensioni, perché la Grecia è sospettata di avere ‘barato’ una volta di più, con decine di migliaia d’assunzioni di funzionari pubblici –sarebbero ben 70mila-, nel 2010 e 2011, quando il loro numero avrebbe già dovuto scendere; e preoccupazioni, perché, c’è il rischio che, al Vertice della Crescita, il governo di Atene si ritrovi con la sedia (quasi) vuota.

Leggi tutto su http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/06/25/ue-una-settimana-di-passione-ma-almeno-e-corta/274660/

lunedì 25 giugno 2012

Crisi e crescita: la settimana di passione dell’Ue e dell’euro

Scritto per EurActiv il 25/06/2012

E’ corta la settimana di passione dell’Ue e dell’euro contro la crisi e per la crescita: infatti, si chiuderà venerdì, senza speranza di resurrezione la domenica, se le cose andassero male. E l’avvio è da sudori freddi, con nuove tensioni e preoccupazioni sull’asse cruciale Bruxelles-Atene: tensioni, perché la Grecia è sospettata di avere ‘barato’ una volta di più, con decine di migliaia d’assunzioni di funzionari pubblici –sarebbero ben 70mila-, nel 2010 e 2011, quando il loro numero avrebbe già dovuto scendere; e preoccupazioni, perché, c’è il rischio che, al Vertice della Crescita, il governo di Atene si ritrovi con la sedia (quasi) vuota.

A causa dei problemi di salute che hanno colpito, nelle ultime 72 ore, il neo-premier Antonio Samaras, distacco della retina, e il ministro delle finanze Vassilis Rapanos, vittima di un malore, la missione in Grecia della troika –Commissione europea, Banca centrale europea e Fondo monetario internazionale- è stata rinviata; ed a rappresentare il governo al Consiglio europeo ci sarà il ministro degli esteri Dimitris Avramopoulos. Intanto, l’agenda del Vertice del 28 e 29 giugno rischia di dovere essere ‘riscritta’, o almeno aggiornata, proprio alla luce delle novità da Atene: il governo Samaras ha già fatto sapere che vuole una proroga di due anni al piano di risanamento concordato con l’Unione, con una riduzione del numero di licenziamenti di dipendenti pubblici; ma Avramopoulos si troverà di fronte le riluttanze della Germania e la rinnovata diffidenza di tutti i partner. Quanto al responsabile dell’economia della Commissione europea Olli Rehn, s’è già espresso contro ipotesi di dilazione.

L’Italia, invece, potrebbe arrivare al Vertice della Crescita con le carte in ordine, specie se il Parlamento approverà mercoledì, come si prevede, la riforma del mercato del lavoro: l’ha espressamente chiesto il premier Mario Monti, per non ritrovarsi anch’egli sulla graticola davanti ai partner europei. La politica italiana, però, resta in fibrillazione e desta inquietudini nell’Ue, per i reciproci sospetti dei partiti politici che, pure, a parole e con i voti di fiducia in Parlamento sostengono il governo: Pdl e Pd s’accusano a vicenda di volere anticipare le elezioni in autunno e intaccano, quindi, la credibilità del loro appoggio all’Esecutivo dei Professori: appoggio che dovrebbe tradursi in una mozione comune nell’imminenza del Consiglio europeo (ma è possibile che le mozioni siano più d’una: sarebbe un altro segno di fibrillazione e ‘smarcamento’). Monti desidera presentarsi a Bruxelles con un mandato pieno della sua maggioranza e con i compiti a casa fatti.

Sull’agenda del Vertice della Crescita ci sarà, oltre al ‘caso Grecia’, il varo del piano da 130 miliardi di euro lanciato, venerdì, a Roma, dal Quadrangolare tra Italia, Francia, Germania e Spagna, che dovrebbe comprendere, fra l’altro, un recupero dei fondi per la coesione non utilizzati, i project bonds e l’utilizzo dei prestiti della Bei, che andrebbe ricapitalizzata. Inoltre, i leader dovrebbero avallare il progetto di una Unione bancaria, sollecitato anche dalla Banca dei regolamenti internazionali di Basilea, con l’obiettivo di rafforzare la difesa dell’euro dalle speculazioni, e miglioramenti della governance economico-finanziaria, oltre che passi avanti verso l’Unione politica chiesti dalla Germania. La Bri, ieri, ha anche fatto suonare un campanello d’allarme sul ritorno da parte delle grandi banche a pratiche pericolose, come la speculazione sui derivati: per la serie, il lupo perde il pelo ma nion il vizio.

A Bruxelles, si parlerà anche di eurobond, ma senza la prospettiva di giungere a decisioni, perdurando le riserve tedesche, mentre la discussione sulla Tobin Tax sulle transazioni finanziarie potrebbe fare maggiori progressi, nonostante le riserve della Gran Bretagna.

Decisivi, per l’esito del vertice, saranno pure i contatti bilaterali che s’intrecciano in questi giorni. Oggi, il presidente francese François Hollande riceve il presidente della Banca centrale europea Mario Draghi; e mercoledì Hollande avrà ospite per una cena informale la cancelliera tedesca Angela Merkel: una conversazione, si apprende, sulla ‘reciprocità dei rischi’ che la crisi comporta. La cancelliera, del resto, si presenterà al Vertice dopo avere letto un rapporto pubblicato dal settimanale der Spiegel, secondo cui se l’euro saltasse anche la Germania ne soffrirebbe in modo pesante, con un calo del pil del 10% e cinque milioni di disoccupati in più. Un prezzo che nessun governo tedesco vorrebbe pagare. Anche per questo la Merkel spinge per riaprire il cantiere dell’Unione politica: l’economista americano Joseph Stiglitz, un nobel spesso contro corrente, ma sempre capace di vedere lontano, avverte che la moneta europea potrebbe fallire senza adeguate nuove istituzioni.

domenica 24 giugno 2012

Ue: crisi, un tesoretto per l'Italia nel 'piano per la crescita'

Scritto per Il Fatto Quotidiano nel 24/06/2012

Se 130 miliardi per la crescita e l’occupazione vi sembrano un bel gruzzolo, pensate che, la settimana scorsa, l’Eurogruppo ha destinato 100 miliardi di euro del fondo ‘salva Stati’ –dotato di quasi 800 miliardi- alla tutela delle banche spagnole-; e che, all’inizio della settimana, il G20 ha aumentato la dotazione del Fondo monetario internazionale di 456 miliardi di dollari. Per la finanza, ce n’è sempre, vien da dire; per l’economia reale, si lesina. Quei 130 miliardi, poi, mica sono tutto denaro fresco: un po’ è di risulta, ricavato raschiando il fondo del barile dei bilanci dell’Ue; un po’ va ancora reperito sui mercati.

Confronti a parte, sarebbe un ottimo risultato, se il Consiglio europeo di fine mese, il Vertice della Crescita, dovesse davvero partorire il piano uscito, venerdì, a Roma, dal Quadrangolare fra i Grandi dell’Euro. E l’Italia potrebbe ritrovarsi un ‘tesoretto’ d’una ventina di miliardi di euro, sempre che riesca a farsi valere nella presentazione di progetti e, soprattutto, nella capacità di realizzarli presto e bene.

Certo, l’ultima di giugno sarà una settimana di passione per l’Unione, perché il successo del Vertice non è certo garantito. E le difficoltà s’addensano, invece di diradarsi, in attesa di misurare, domani, la reazione dei mercati agli spiragli d’ottimismo e ai segnali di fermezza ‘pro euro’ venuti da Monti, Hollande, la Merkel e Rajoy. Il nuovo governo greco appena insediatosi dopo le elezioni politiche bis di domenica scorsa sollecita una proroga di due anni per realizzare il piano di austerità concordato con l’Ue e l’Fmi: una richiesta prevedibile, che la Germania de ‘i patti si rispettano’ non ha però accettato, per ora.

Oltre che il ‘pacchetto crescita’, le conclusioni del Consiglio europeo dovrebbero, inoltre, comprendere un rafforzamento dell’integrazione economico-finanziaria, come l’Unione bancaria, e un rilancio dell’Unione politica, proposto dalla Germania forse solo per mettere alla prova l’europeismo di Hollande, perché la Francia non è mai stata federalista, ma, anzi, piuttosto gelosa delle prerogative statali.

L’interrogativo più concreto è il ricorso a una Tobin Tax sulle transazioni finanziarie: i Grandi dell’Euro la vogliono –venerdì, lo hanno detto sia i leader a Roma che i ministri delle finanze a Lussemburgo-, ma Londra resiste. L’introito annuale è stimato a 57 miliardi di euro –oltre un terzo del bilancio dell’Unione-, che andrebbero a rafforzare le capacità di spesa per la crescita, la ricerca, l’innovazione., l’istruzione. Resta da vedere il Vertice verrà la decisione di procedere senza la Gran Bretagna.

Luce rispettivamente gialla e rossa per due iniziative italiane: la distinzione tra spese e investimenti, nel computo dei disavanzi dei bilanci nazionali, non convince Berlino; mentre la proposta di Monti di utilizzare risorse del fondo ‘salva Stati’ per acquistare bond sul mercato secondario e allentare la pressione finanziaria su Italia e Spagna trova il gelo in Germania ed è bollata come “paracetamolo finanziario” da Olli Rehn, commissario all’economia.

Ma il vero petrolio della crescita Ue sarebbe il completamento del mercato unico, che potrebbe da solo valere il 2% del pil a costo zero. Chissà se qualcuno a Bruxelles tirerà finalmente fuori dai cassetti le proposte in merito presentate da Mario Monti nel 2010, quando era solo un consulente della Commissione e non ancora un premier.

Il piano da 130 miliardi, che, nelle dimensioni e nella composizione, sembra proprio quello fatto filtrare alla stampa dal presidente Hollande, somma il recupero di fondi per la coesione non spesi, nell’ordine di alcune decine di miliardi; l’utilizzo di fondi sostanzialmente equivalenti della Banca europea per gli investimenti, che deve essere ricapitalizzata; e la raccolta di project bond per iniziative specifiche.

Il pacchetto non sarà di sicuro ripartito in modo rigido fra i 27 Paesi Ue: ciascuno ne potrà usufruire in funzione delle capacità di progettazione e di spesa. Ma, se si tiene conto della chiave di contributo al bilancio comunitario e delle condizioni economiche generali, l’Italia ne potrebbe beneficiare per almeno 12/13 miliardi.

Ci sono, poi, otto miliardi di euro circa -3,7 dal Fondo sociale, 4,3 dal Fondo regionale- che il Consiglio europeo ha già destinato alle pmi e al sostegno all’occupazione, nell’ambito di un piano di riallocazione dei fondi strutturali europei non spesi –complessivamente, 82,3 miliardi nel periodo 2007-2013, quasi un quarto del totale disponibile. L’Italia è sotto la media di spesa comunitaria.

Fronte occupazione, resta da valutare l’impatto sull’Italia di missioni e raccomandazioni degli ‘action team’ di esperti della Commissione. Fronte imprese, c’è la spinta ad accelerare l’applicazione della direttiva sui pagamenti della Pubblica Amministrazione.

sabato 23 giugno 2012

Ue: crisi, i tre giorni del condor, o la quiete dopo la tempesta


Scritto per il blog de Il Fatto il 23/06/2012
Dopo il venerdì del Quadrangolare di Roma e del ‘derby dello spread’ di Danzica, non crediate che abbiamo esaurito le metafore calcistiche né i richiami cinematografici, verso le battute cruciali (e quasi coincidenti) della ‘crisi dell’euro’ e degli Europei. Fronte football,  ci aspettano ancora titoli tipo ‘comunque vada, vince l’euro’, se mai l’Italia dovesse eliminare l’Inghilterra, l’unica intrusa restante –l’altra, negli otto, era la Repubblica Ceca- nel dominio calcistico continentale dell’eurozona. E i ‘derby dello spread’ si possono ripetere in semifinale (Italia-Germania) e in finale, se mai ci arrivassero Spagna e Germania (e pure il Portogallo si presta). Se invece la finale fosse Germania-Francia, rieccoci al direttorio, che qualcuno pensava ‘archiviato’ dopo l’arrivo all’Eliseo di Hollande. Svanita, invece, con la sconfitta della Grecia, l’ipotesi di semifinali tutte Pigs.
E il cinema? Il premier Monti ci ha quasi copiato ‘i dieci giorni che sconvolsero il Mondo’, con quei suoi ‘dieci giorni decisivi per l’euro’. Ma man mano che i giorni passano, e nonostante il Quadrangolare di Roma abbia portato segnali positivi, ci aspettiamo che l’avvicinamento al Vertice della Crescita passi attraverso i ‘tre giorni dell’euro’, invece che del condor, nell’attesa di ritrovarci, dopo il Vertice, con l’ansia del ‘buio oltre la siepe’, perché tra la conclusione dei lavori e il giudizio dei mercati passeranno le 48 ore del primo week-end da bollino rosso di quest’estate. Sperando che quella di lunedì 2 luglio non sia, per l’euro e per l’Ue, un’ ‘alba tragica’ alla Jean Gabin di un catastrofico ‘the day after’.
Calcio e politica non s’intrecciano solo nei titoli dei giornali. Il Quadrangolare fra i Grandi dell’Euro, organizzato dal premier italiano Mario Monti, ha avuto tempi stretti e niente supplementari, e tanto meno ‘rigori’ –almeno questa volta-, perché proprio la cancelliera Merkel deve arrivare a Danzica per la partita. Lì, era previsto un bilaterale in tribuna con Samaras: saltato, perché un distacco della retina costringe ad Atene il neo-premier greco. Meglio così, forse, perché il tifo obnubila e la passione, sia pure sportiva, non rende concilianti. E poi di Samaras la Grecia ne aveva già uno in campo (e ha pure segnato): bastava e avanzava.
A Roma, invece, si è vissuto, per un giorno, in un’atmosfera intensamente europea. Non fosse per il caldo estivo, mentre allora era una primavera piovosa, verrebbe in mente il 25 marzo 1957, il giorno della firma dei Trattati istitutivi delle Comunità europee. C’era il Quadrangolare, ma c’era pure un ‘mega-convegno’ voluto dalla più europea delle italiane, Emma Bonino, in cui federalisti e massimi esponenti delle Confindustrie di Italia, Francia, Germania e persino –udite!, udite!- Gran Bretagna si trovano d’accordo per chiedere, con l’avallo del presidente Napolitano, più integrazione, più Europa e una prospettiva federale ...
Dichiarandosi “ottimista”, al convegno della Bonino, il vice-presidente della Commissione europea Antonio Tajani esprime la convinzione che il Quadrangolare possa contribuire al successo del Vertice di Bruxelles: “Non credo che i problemi si possano risolvere a quattro, ma meglio a quattro che in due, com'è capitato per troppo tempo”, dice, auspicando che i ‘capitani coraggiosi’ dell’euro sappiano condurre la nave oltre la burrasca in acque sicure. La quiete dopo la tempesta? Qui non siamo più al cinema, ma torniamo sui banchi di scuola, alla nostra letteratura. Giusto in tempo per gli orali dell’esame di maturità. Anche dell’euro.
Leggi tutto su http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/06/23/euro-i-tre-giorni-del-condor/272793/

venerdì 22 giugno 2012

Ue: crisi, nel giorno della metafora un'intesa per la crescita

Scritto, in versioni diverse, per EurActiv e L'Indro il 22/06/2012

Nel giorno della metafora calcistica per antonomasia della crisi dell’euro e del debito, cioè il quarto di finale degli Europei a Danzica tra Germania e Grecia, si gioca a Roma un Quadrangolare fra i Grandi dell’Euro organizzato dal premier italiano Mario Monti: tempi stretti e niente supplementari, e tanto meno ‘rigori’ –almeno questa volta-, perché proprio la cancelliera tedesca Angela Merkel deve arrivare a Danzica prima della partita. Lì, era previsto un bilaterale in tribuna con Antonio Samaras: saltato, perché un distacco della retina costringe ad Atene il neo-premier greco. Meglio così, forse, perché il tifo obnubila e la passione, sia pure sportiva, non rende concilianti.

A Roma, invece, si vive, per un giorno, in un’atmosfera intensamente europea. Non fosse per il caldo estioa, mentre allora era una primavera piovosa, verrebbe in mente il 25 marzo 1957, il giorno della firma dei Trattati istitutivi delle Comunità europee. C’è il Quadrangolare, ma c’è pure un ‘mega-convegno’ in cui federalisti e massimi esponenti delle Confindustrie di Italia, Francia, Germania e persino –udite!, udite!- Gran Bretagna si trovano d’accordo per chiedere, con l’autorevole avallo del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, più integrazione, più Europa e una prospettiva federale.

Nonostante tutto, però, i mercati non recepiscono l’afflato della politica: borse in calo quasi ovunque –l’eccezione è Madrid-, spread italiano sopra 420. E’ anche vero che, nelle ore immediatamente precedenti, le agenzie di rating americane hanno spruzzato un patina d’insicurezza sulle banche dei Due Mondi.

In scia al G20 di Los Cabos in Messico, ma soprattutto in vista del Consiglio europeo di fine mese a Bruxelles, il Quadrangolare rilancia il tema della crescita nell’Unione e prepara il varo di un pacchetto di 130 miliardi di euro, l’1% del pil europeo, da dedicare al rilancio dell’economia e dell’occupazione. Il premier Monti, il presidente francese François Hollande, la cancelliera tedesca Angela Merkel e il capo del governo spagnolo Mariano Rayoj sono poi unanimi nel dichiarare l’euro “irreversibile”.
 Certo, le differenze d’ accento e di priorità restano, né poteva essere altrimenti. Ma i leader mostrano una volontà d’intesa e di coesione che lascia bene sperare per l’esito del Vertice già definito ‘della crescita’ e già considerato ‘decisivo’ per il futuro dell’euro e dell’Ue. Monti, che parla di un passo avanti nella costruzione europea, insiste per la crescita e chiede all’Ue di confrontarsi con i mercati mondiali e, nel contempo, di completare la liberalizzazione del proprio mercato interno; Hollande insiste perché gli eurobond, che la Germania non vuole oggi, restino “una prospettiva”; la Merkel appoggia l’idea di una Tobin Tax, cioè di una tassazione delle transazioni finanziarie che, in certe ipotesi, potrebbe fruttare quasi 60 miliardi di euro l’anno e dotare l’Unione di un volano per la crescita. La cancelliera ammette che, dopo avere “lottato per l’euro”, è ora di pensare alla crescita e all’occupazione. E Rajoy fa con i partner “una scommessa sul futuro dell’Europa”.
Proprio sulla Tobin Tax, una proposta recentemente tirata dai cassetti della Commissione di Bruxelles, dov’era finita dopo una prima accoglienza controversa, la discussione si anima fra i leader e anche nell’Ecofin di Lussemburgo, che si svolge quasi in parallelo. L’indicazione dei ministri è che si andrà avanti a discuterne fin quando non vi sarà un consenso unanime; il che, vista l’opposizione della Gran Bretagna, può anche significare alle calende greche. Ma l’Austria mette in tavola un’ipoteca pesante: senza Tobin Tax, niente ratifica del Patto di Bilancio.
Eurobond e Tobin Tax non sono decisioni da Vertice europeo di fine mese: troppo se ne deve ancora discutere. Lo possono essere, invece, il pacchetto per la crescita, i project bond, l’utilizzo dei fondi della Bei, passi avanti verso l’unione bancaria e, magari, il rilancio dell’Unione politica proposto dalla Germania.
Dichiarandosi “ottimista”, il vice-presidente della Commissione europea Antonio Tajani esprime la convinzione che il quadrangolare di oggi a Roma possa contribuire al successo del Vertice di Bruxelles: “Non credo che i problemi si possano risolvere a quattro, ma meglio a quattro che in due, com'è capitato per troppo tempo”, dice, auspicando che i ‘capitani coraggiosi’ dell’euro sappiano condurre la nave oltre la tempesta in acque sicure.

Ue: crisi, il ritorno della 'verticite' (ma il nostro è meglio)

Scritto per AffarInternazionali il 21/06/2012

C’è tornata la ‘verticite’, afferma Emma Bonino, vice-presidente del Senato, leader radicale, federalista da sempre. E, stavolta, la ‘verticite’ ci dà un senso di ebbrezza, perché, della sfilza d’incontri fra leader per uscire dalla crisi, quello più atteso e più significativo, l’unico da cui potrebbe uscire qualcosa che non sia acqua fresca, è il Consiglio europeo di fine mese, a Bruxelles, il Vertice della Crescita, com’è stato già catalogato a priori. Nella successione ‘ansiogena’ di G8, G20 e Consiglio europeo, “il fallimento che avrebbe più contraccolpi sarebbe proprio l’europeo – constata la Bonino, in un’intervista a EurActiv-. Più che esserne orgogliosi, bisogna esserne consapevoli e affrontare l’appuntamento in modo responsabile”.

I presupposti ci sono, dopo che né il G8 di Camp David in maggio né il G20 di Los Cabos all’inizio della settimana hanno davvero lasciato il segno, a riprova del deficit di governance internazionale che accentua le difficoltà della situazione. La preparazione del Consiglio di Bruxelles sta passando attraverso tutta una serie di tappe delicate: Eurogruppo ed Ecofin a Lussemburgo, il Quadrangolare a Roma tra Italia, Francia, Germania e Spagna voluto dal premier Mario Monti.

Svoltosi nella scia dell’esito positivo, o almeno non drammatico, per l’euro e per l’Ue delle elezioni politiche greche bis, l’incontro messicano ha avuto il merito di non acuire, anzi di stemperare, almeno a parole,  tensioni e polemiche fra i protagonisti della crisi, l’America e l’Europa, la Cina e i Brics. I lavori si sono chiusi con un attestato di fiducia all’Unione del presidente statunitense Barack Obama: un atto forse dovuto, dopo le punture di spillo transatlantiche della vigilia e dell’apertura. “L’Europa ce la farà”, dice Obama, dopo avere finalmente incontrato i leader dell’Ue –bilaterale saltato il primo giorno per il protrarsi della plenaria-: “E’ pronta a misure coraggiose e non imploderà”.

Il professor Monti avverte che i dieci giorni tra il G20 e il Consiglio europeo di fine mese “saranno decisivi”,  ammette che l’Eurozona “ha un problema serio”, ma rileva che “non è l’unico squilibrio dell’economia mondiale”. I Grandi dell’Euro lavorano a un pacchetto di compromesso che potrebbe tenere conto delle priorità di ciascuno e di cui il premier italiano potrebbe essere demiurgo e mallevadore: il rigore tedesco e la diversificazione ‘all’italiana’ tra spese e investimenti; misure d’ulteriore liberalizzazione e di completamento del mercato interno, come chiesto da Roma, Londra e numerose altre capitali; stimoli alla domanda e investimenti in infrastrutture con strumenti europei tipo i ‘project bonds’ e i fondi Bei, come sollecitato dalla Francia;  miglioramenti della governance, sia economica –l’Unione bancaria- che politica.

La cancelliera Merkel  rilancia l’Unione politica e da Berlino vengono proposte d’elezione diretta del presidente della Commissione europea, che potrebbe cumulare in una sola persona le funzioni
di presidente del Consiglio europeo: magari sono solo mosse per ‘spostare la palla’, ma forse merita ‘vedere’ il gioco dei tedeschi, se è un bluff o se, invece, chiamano il bluff di altri, come la Francia, sempre restia a cedere porzioni di sovranità ...

Ma Los Cabos è già lontana. E il ‘Vertice della Crisi’ vicinissimo: i dieci giorni che Monti contava si stanno consumando.

Versione integrale su http://www.affarinternazionali.it/articolo.asp?ID=2066

giovedì 21 giugno 2012

Crisi: Ue; Bonino, non funziona la governance, soluzione federale

Scritto per EurActiv il 21/06/2012

“La crisi europea è più una crisi politica che una crisi economico-finanziaria: quello che non funziona oggi è soprattutto la governance. E il Vertice europeo del 28 e 29 giugno non è un Vertice come tanti: per l’Ue, è un momento importante, quasi di non ritorno”: Emma Bonino, vice-presidente del Senato, ex commissario europeo, leader radicale, federalista, si batte, come da una vita, per gli Stati Uniti d’Europa, alla vigilia del Quadrangolare di Roma tra Italia, Francia, Germania e Spagna, che coincide con il convegno “Europa federale, unica via d’uscita?”.

La Bonino condivide l’analisi del premier Mario Monti, secondo cui questi sono “dieci giorni decisivi” per l’Europa, fino all’appuntamento di fine mese già definito ‘Vertice della crescita’. E, in questa intervista a EurActiv, aggiunge: “Più i giorni passano, più le nostre idee sono condivise”.; e spiega: “L’approfondimento della crisi ha fatto sì che federalismo e federalista non fossero più concetti e parole tabù”, com’era all’inizio del XXI Secolo quando “il successo dell’euro aveva anestetizzato i sentimenti federalisti in tutta Europa”.

Le radici del convegno di domani, che ha come sottotitolo “industria e politica a confronto sul futuro dell’Europa”, risalgono alla presa di posizione ‘europeista’, nel marzo scorso, della Confindustria francese: la Bonino ammette la sorpresa per quella sortita ‘federalista’ degli imprenditori di un Paese tradizionalmente ‘sovranista’. Successivamente “anche la Confindustria italiana s’è esposta in senso europeo” e si sono susseguiti, in primavera, nel triangolo Germania - Italia - Francia, gli appelli. Il caso ha poi contribuito ad accentuare interesse del convegno di domani, facendolo coincidere con l’incontro a quattro voluto da Monti in preparazione del Consiglio europeo di fine mese.

Il convegno di domani individuerà le terapie per la crisi dell’Unione? “L’evento di domani non vuole essere una sorta di Stati Generali d’Europa, fra l’altro perché, in tal caso, ne mancherebbero molti protagonisti, a partire dalle parti sociali… E sulle terapie ci sono ancora differenze… Tutte le misure che vengono proposte possono andare bene, ma bisogna poi assicurarne la convergenza, cioè fare in modo che la vettura Europa si muova nella direzione giusta…”.

Ma la direzione giusta non è l’Unione politica? “Una delle ragioni per cui non si spinge verso l’Unione politica è perché, si dice, l’opinione pubblica non la capisce. Ma è la politica che deve spiegare all’opinione pubblica le scelte fatte… L’Unione politica è il passo più importante, ma non è il solo: c’è l’Unione per la difesa e qualche altra azione, poche cose, quelle che vengono meglio se fatte insieme... Non è che gli Stati Uniti d’Europa devono essere un ‘super-Stato’…”.

E allora che cosa manda per andare nella direzione giusta? “Ci vuole il coraggio di una leadership politica, anche perché i populismi e i localismi sono rischiosi…. Certo, all’orizzonte dell’Europa non c’è un Helmut Kohl –il cancelliere della riunificazione tedesca e del Trattato di Maastricht, ndr-  e neppure un Alexander Hamilton –uno dei Padri Fondatori degli Stati Uniti d’America, il creatore del tesoro Usa, ndr-, anche se esempi positivi non mancano, come la Polonia... I mercati non hanno paura della Grecia, non si fidano dell’Europa che non protegge la Grecia, mentre gli Stati Uniti hanno una governance federale che nessuno mette in discussione e di cui nessuno dubita…”.

E la Francia? “La Francia, bisogna vedere, ora che Hollande ha la maggioranza assoluta, se si mostrerà federalista, sia pure più per necessità che per vocazione…”.

Tutta colpa delle reticenze degli Stati, dunque? “Non solo gli Stati, anche alcune istituzioni comunitarie sono venute meno: il ruolo della Commissione europea è particolarmente appannato, anche se, con i Trattati attuali, ha un ruolo fondamentale… La Commissione è timida non solo sulle scelte che richiedono coraggio, ma anche su quelle dove sono praticamente d’accordo tutti, come il completamento del mercato unico”.

Il premier Monti ha parlato di “dieci giorni decisivi”. “Sono d’accordo con Monti, anche se alcuni dicono che il momento della verità verrà fra tre mesi, dopo l’estate, quando il rallentamento della crescita in Cina e anche negli Usa e la crescita sempre frenata nell’Unione europea cominceranno a pesare pure sulla Germania… Questo di fine mese è un Vertice da cui tutti devono uscire con la convinzione e la sensazione che l’Europa è in marcia…”.

Tra G8 e G20, il Consiglio europeo, questa volta, è il Vertice più importante. “Nella ritrovata ‘verticite’, con la successione che crea ansie di G8, G20 e Consiglio europeo, pur a fronte dei risultati modesti finora ottenuti, il fallimento che avrebbe più contraccolpi sarebbe proprio quello europeo. Più che da esserne orgogliosi, bisogna esserne consapevoli: il vertice che conta è quello europeo e va affrontato in modo responsabile”.

Il rilancio della Merkel dell’Unione politica è solo un modo per ‘spostare la palla’? “Non lo so. Ma io sono di quelli che dicono ‘andiamo a vedere’, né io faccio parte del coro del ‘dalli ai tedeschi’. All’inizio del XXI Secolo, quando la Germania pareva la grande malata dell’Unione europea, loro hanno saputo fare riforme che noi non abbiamo tuttora fatto e che sono magari costate la rielezione al cancelliere Schroeder… Noi, invece, come Italia, non abbiamo approfittato di quel momento, che poteva essere propizio, e abbiamo così sprecato l’occasione…”.

E, adesso, con Monti, ci siamo svegliati? “Quella fu colpa del sistema Paese. Ora, veniamo da una fase in cui abbiamo prima negato la crisi, poi l’abbiamo minimizzata, poi abbiamo detto che noi comunque non ne eravamo toccati… E alla fine ci siamo trovati dentro in pieno… Monti è un incidente benigno del partitismo che, però, sta adesso cercando si riprendersi tutte le sue prerogative… Io avevo pronosticato che da gennaio ci saremmo ritrovati in un vietnam parlamentare: mi sono sbagliata di qualche settimana, ma ora ci siamo… Monti non è King Kong e neppure tutte le cose che fa sono inappuntabili: il decreto sviluppo, ad esempio, il problema del Paese non sono le infrastrutture pesanti, ma quelle digitali, giudiziarie, …”.

L’Europa ha ancora fiducia in un Monti ‘impaniato’ dai soliti partiti? “Anche l’Europa si aspettava che la gestione della crisi in Italia fosse più facile, perché pochi in Europa si rendono conto della pervasività del potere partitico nel nostro Paese  e di come sia difficile, ad esempio, affrontare il problema delle Municipalizzate o risolvere le inadeguatezze della giustizia. E ciò al netto di ingenuità ed errori di ministri inesperti, come può essere la Fornero, o portatori di interessi consolidati, come può essere Passera”.

E il fenomeno Grillo? “Grillo è una conseguenza della mediocrità della classe dirigente, della mancanza di consapevolezza della crisi e anche delle opportunità di cambiamento che essa determina. La cosa che più preoccupa i miei interlocutori europei è ‘chi verrà dopo Monti’; e non perché c’è Grillo, che fenomeni di populismo la crisi ne produce ovunque in Europa, ma perché non si vedono alternative al passato”.

Che peso avrà sul Vertice il Quadrangolare di domani? “E’ importante perché può preparare il Consiglio europeo, ma soprattutto può creare un clima di fiducia fra leader che si conoscono ancora relativamente poco (tre sono quasi nuovi), perché le persone contano… Spero che cin sia la consapevolezza comune della gravità della crisi : l’Europa è un secchio bucato, perché più denari vi s’immettono più la speculazione, come dimostra il caso delle banche spagnole, li prosciuga… E l’Europa è un paradosso: abbiamo tutti gli elementi per essere quelli che traversano meglio ed escono prima dalla crisi e ne siamo invece al centro, perché noi stessi non ci vediamo come europei, mentre gli altri ci vedono come un’Unione e si aspettano da noi comportamenti conseguenti….”.

Domani sera, tra Grecia e Germania, chi tiferà? “Tifo Grecia, ma non per simbolismo politico, ma solo perché sto sempre dalla parte di chi sulla carta è più debole”.

mercoledì 20 giugno 2012

G20: prima polemiche, poi attestato di fiducia da Usa a Ue

Scritto, in versioni diverse, per EurActiv e L'Indro il 20/06/2012

Una spinta per la crescita a parole e un ‘volemose bene’ corale: che cosa ci sia, di concreto e solido, nelle conclusioni del Vertice del G20 a Los Cabos in Messico lo diranno,  nelle prossime ore, borse e spread e cambi. Intanto, la parola passa all’Unione europea, con molti appuntamenti compressi: venerdì, il Quadrangolare a Roma tra Italia, Francia, Germania e Spagna; e, la prossima settimana, prima Ecofin ed Eurogruppo a Lussemburgo e poi, il 28 e 29, il Consiglio europeo a Bruxelles, quello atteso come il ‘Vertice della Crescita’.

I lavori di Los Cabos si sono chiusi con un attestato di fiducia all’Unione europea del presidente statunitense Barack Obama: un atto forse dovuto, dopo le polemiche e le tensioni transatlantiche della vigilia e del primo giorno. “L’Europa ce la farà”, dice Obama, dopo avere finalmente incontrato i leader dell’Ue –appuntamento saltato lunedì per il protrarsi della plenaria-: “L’Europa è pronta a misure coraggiose e non imploderà”. Il premier italiano Mario Monti avverte che “i prossimi 10 giorni saranno decisivi”, di qui al Consiglio europeo di fine mese.

Monti nega l’esistenza di un piano per salvare l’Italia, come pure la Spagna, e rileva che l’Eurozona “ha un problema serio, ma non è l’unico squilibrio dell’economia mondiale”. Le conclusioni del G20 arrivano nella scia di una giornata positiva sui mercati –borse su, spread giù- e nell’attesa che, in Grecia, il premier designato Antonio Samaras formi il nuovo governo.

Nel documento finale, il G20 indica le priorità della crescita e dell’occupazione e delinea un piano d’azione coordinato. Monti dice che ci vogliono più crescita e più investimenti. Il presidente francese Francois Hollande giudica inaccettabili gli spread di Italia e Spagna e vuole che l’Ue esca dal vicolo cieco ‘banche – debito’. La cancelliera tedesca Angela Merkel abbina l’impegno al rigore per il risanamento dei conti e il consolidamento dei bilanci con quello per la crescita e insiste pure per una maggiore integrazione europea, ricordando, nel contempo, alla Grecia la necessità di stare alle regole.

Sul fronte della difesa dalle crisi, l’Fmi vede le proprie rafforzate con un’iniezione di 456 miliardi di dollari, un sesto dei quali (75 miliardi) provenienti dai Brics. Nella sua analisi, l’Fmi giudica “urgente e cruciale per la stabilità la crescita dell’Eurozona”. Per l'Italia, le priorità sono la riforma del lavoro e la competitività.

martedì 19 giugno 2012

G20: Usa-Russia, quando un Vertice non è più quel che era

Scritto per Il Fatto Quotidiano del 19/06/2012

Ieri sera, a Los Cabos, in Messico, i presidenti statunitense Barack Obama e russo Vladimir Putin si sono incontrati prima dell’apertura del Vertice del G20. Alzi la mano chi lo sapeva gia. Ne vedo ben poche, di mani alzate. E una ragione c’è. Un colloquio tra i presidenti di quelle che un tempo furono le Super-Potenze bastava, una volta, a riempire le pagine di esteri dei quotidiani di tutto il Mondo. Oggi, passa quasi in sordina: un po’ perché i due Paesi non sono più quel che erano; e un po’ perché i personaggi sono quel che sono.

La Russia e Putin, prima. Super-Potenza non lo è più, da quando non è più Unione Sovietica; e anche il termine di Potenza l’ha retto a stento per parecchi anni. Adesso, è un po’ tornata a esserlo, nella fragilità complessiva della governance mondiale. Ma paga un presidente poco presentabile, quanto a pedigree democratico e a frequentazioni personali (Mr B continua a essere uno dei suoi pochi e migliori amici, fuori dai confini della Grande Madre). Con Obama, poi, Putin proprio non lega: al Vertice del G8 di Camp David, a casa del presidente statunitense, non s’è neppure fatto vedere, mandando il suo ‘tuttofare’ Medvedev, quello che gli ha tenuto il posto in caldo al Cremlino per quattro anni, tra due sue elezioni, e che adesso è tornato a fargli da premier.

Da quando è di nuovo presidente, Putin tenta di mettere su una diplomazia alternativa a quella americana: fa comunella con i cinesi –è stato di recente a trovare Hu- e prepara una missione in Medio Oriente il 25 e 26 giugno, in Israele, nei Territori, in Giordania, Al G20, poi, s’è presentato rispolverando, contro la crisi, una ricetta già capace di innescare guerre: il protezionismo. "E' tempo – sostiene in un’intervista al quotidiano messicano El Universal - che i governi dichiarino il protezionismo inaccettabile, ma riconoscano nel contempo la necessità di misure per proteggere le proprie economie”: ci vuole, cioè, “un accordo onesto su un livello accettabile di provvedimenti protezionistici che i governi possano prendere per proteggere i posti di lavoro in una crisi globale". Insomma, Putin prova a inserirsi nel dibattito sulla crescita, cui è stato finora estraneo, ma stecca l’entrata, perché non è che Usa e Cina e pure l’Ue non giochino talora sporco sul protezionismo, ma mai ne faranno esplicita ammissione.

Quanto a Obama, a Los Cabos, più che il presidente, c’è il candidato democratico alla Casa Bianca. Per lui, l’incontro con Putin vale poco: si parla di Siria –sì, certo, una tragedia, ma che elettoralmente non conta, tanto più che Usa e Russia continuano a pensarla diversamente-. Importa di più, invece, quello con i leader dell’Ue: Cameron, Hollande, la Merkel, Monti, più Van Rompuy e Barroso: li che vuole convincere a mettere in moto il volano della crescita in Europa, perché, se l’Unione non cresce, gli Usa crescono di meno e la conferma del presidente resta in forse.

Neppure gli Stati Uniti sono la Super-Potenza Unica che furono dopo il crollo dell’Urss: forse, lo restano dal punto di vista militare, ma questo presidente –per fortuna- è poco incline a usare la forza rispetto al suo predecessore; politicamente, invece, sono meno determinanti che in passato in aree del Mondo di loro tutela, ad esempio nei rapporti con Israele; ed economicamente dipendono dalla Cina più di quanto la Cina non dipenda da loro.

Con i leader dell’Ue, Obama fa il punto sull’Eurozona, un po’ rasserenata dopo il voto di domenica in Grecia, salutato con favore dal presidente. L’interesse del G20 è più nei contatti di contorno che nelle conclusioni collegiali: la presidenza messicana esclude “soluzioni” o “risultati specifici”, conta in  “progressi” anti-crisi. Per una volta, tra G8 e G20, il Vertice che tutti aspettano è quello europeo del 28 e 29 giugno a Bruxelles.

lunedì 18 giugno 2012

Crisi: Ue, un voto per l'Europa dalla Grecia (e dalla Francia)

Scritto per EurActiv il 18/06/2012. Altra versione su L'Indro.
La domenica alle urne in Grecia e anche in Francia produce risultati ‘europei’: la Grecia vota per restare nell’Ue e nell’euro; la Francia dà al neo-presidente Hollande il potere di realizzare i suoi programmi e più forza nel negoziato con la cancelliera Merkel. “Sospiro di sollievo” è il concetto che domina i titoli dei media europei; ed è anche lo stato d’animo che trapela dalla tele-conferenza in volo fra i Grandi dell’Unione diretti al Vertice del G20 –oggi e domani a Los Cabos in Messico-. Il presidente del Consiglio Mario Monti si rallegra e dichiara la propria "soddisfazione": ora ad Atene c'è un governo forte, che può e vuole rispettare gli impegni e che rasserena la visione dell'Ue e dell'euro.
In una dichiarazione congiunta, i leader dell’Ue Van Rompuy e Barroso appoggiano gli sforzi della Grecia per il risanamento e si dicono impazienti di lavorare con il nuovo governo ateniese. L’Eurogruppo, che si consulta a risultati noti, esprime l’auspicio di una formazione rapida del nuovo Esecutivo. E il presidente Obama partecipa alle attestazioni di soddisfazione per la scelta dei greci. L’andamento al rialzo delle borse asiatiche e l'apertura positiva di quelle europee, con l'euro che s'impenna, indica che i mercati rispecchiano questo clima.
Ad Atene, Nuova Democrazia, centro-destra, è il primo partito, davanti a Siryza, che voleva riscrivere il memorandum con l’Ue. ND e il Pasok, socialisti, pure pro-Ue, hanno la maggioranza di seggi in Parlamento per formare un governo: potrebbe essere cosa fatta in pochi giorni. A Parigi, i socialisti di Hollande ottengono la maggioranza assoluta nell’Assemblea nazionale.
Per le versioni integrali:

domenica 17 giugno 2012

Crisi: da Los Cabos a Bruxelles il Cammino della Crescita

Scritto per EurActiv il 17/06/2012

I risultati elettorali della domenica alle urne in Grecia e anche in Francia condizioneranno, nelle prossime ore, una serie di appuntamenti multilaterali e bilaterali da cui si attendono risposte e decisioni per l’uscita dalla crisi, sia globali che europee: il Vertice del G20 a Los Cabos, in Messico, il 18 e 19; il Quadrangolare a Roma fra Italia, Francia, Germania e Spagna, il 22; e, infine, preceduto da un Eurogruppo e un Ecofin, il Consiglio europeo del 28 e 29 giugno a Bruxelles, già ‘battezzato’ il Vertice della Crescita. Senza contare l’intreccio di bilaterali.

La ridda di incontri è stata preceduta da dichiarazioni e iniziative. Al G20, l’Europa rischia di finire sotto accusa, non solo da parte di Usa e Cina. La presidenza di turno messicana ha già invitato l’Ue a prendere “misure decisive” per uscire dalla crisi e rilanciare la crescita e l’occupazione, perché –rileva- i suoi problemi “coinvolgono l’economia globale”.

E se l’Italia non è più “sorvegliata speciale”, anzi le si riconoscono “i grandi sforzi fatti”, l’Fmi giudica la recessione della Spagna “senza precedenti”.

Certo, i problemi globali s’intrecciano a quelli specifici di ogni Paese. Quando il presidente Usa Barack Obama ripete che l’Europa non cresce abbastanza, si preoccupa di non arrivare all’Election Day il 6 Novembre con i tassi di crescita dell’economia americana troppo bassi; ma intanto a Washington non spilla un cent per lo sviluppo dal Congresso, dove i repubblicani lo tengono in stallo.

E il premier italiano Mario Monti, il cui governo, con il dl Sviluppo, vuole entrare nella fase due e “coltivare la crescita”, avverte che il percorso e' ancora “lungo e faticoso”, che “il cratere crisi si e' allargato” e che la riforma del lavoro deve essere cosa fatta entro il Consiglio europeo, se no l’Italia ci arriverà zoppa. Sulla stessa linea, il presidente Giorgio Napolitano giudica l’operato del governo finora “sufficiente per credibilità”, ma sollecita ora altre misure.

Prima degli incontri, si addensano gli annunci. Oggi, si apprende da ‘Le Journal du Dimanche’, che il presidente francese François Hollande porterà al Vertice un Patto per la Crescita da 120 miliardi di euro, con fondi europei strutturali, fondi Bei e project bond -, mentre, secondo Der Spiegel, l’Ue pensa a eurobond in versione light –obbligazioni a breve e in quantità limitata-, per attenuare le reticenza della cancelliera tedesca Angela Merkel.

Ue: crisi, la Grecia che non t'aspetti e il solito 'stellone'

Scritto per il blog de Il Fatto il 17/06/2012

La Grecia che non t’aspetti va avanti e resta in Europa. L’Italia che è sull’orlo del cratere, come direbbe il professor Monti, ritrova lo ‘stellone’: si libera per infortunio della palla al piede che il suo tecnico non voleva proprio togliere e consolida le sue speranze.

Il calcio resta metafora della vita –e così abbiamo speso tutti i luoghi comuni concessici, questa mattina-. La domenica del voto in Grecia, e pure in Francia, guardi le prime pagine e ascolti i tg e sembra che, stasera, l’Unione europea potrebbe non esserci più: come se, vincendo ad Atene la sinistra radicale, che vuole rinegoziare le intese per restare nell’euro, i greci siano fuori di botto.

Invece, comunque vada, non sarà così: non solo perché ci vorrà del tempo: ma anche perché probabilmente non accadrà proprio.

E’ vero, però, che la vigilia è stata drammatizzata non solo dagli euroscettici, quelli che raccontano ai gonzi che ci credono che, se domani non c’è l’euro e si torna alle monete nazionali, si vive nel Paese di Bengodi: quasi che, nonostante Pinocchio lo conosciamo tutti, ancora credessimo al Gatto e alla Volpe e seguissimo il Lucignolo di turno, che magari si chiama Beppe.

A caricare i toni ci hanno pensato Frau Merkel, con i consigli di voto ai greci che non glieli avevano chiesti (“scelgano chi rispetta gli impegni”, e cioè Nuova Democrazia, che, guarda caso, appartiene alla sua stessa famiglia politica europea, anche se proprio non si direbbe, con i ‘fuffini’ di bilancio fatti che manco Lusi e Belsito messi insieme); e pure Mister Obama: “Sull’America –ripete ai suoi elettori- soffia dall’Europa un vento contrario”. E il presidente dell’eurogruppo Juncker definisce “un disastro” l’uscita di Atene dall’euro, perché –spiega il responsabile dell’economia Rehn- “l’Ue ha contenuto la crisi, ma non l’ha domata”. Meno drastico, invece, il capo del governo spagnolo Rajoy, che, pensando a come ha risolto i suoi guai, dice: la Grecia resti col sostegno dell’Unione.

E si sono moltiplicati gli appelli, più o meno retorici e sentiti: perché quelli che chiedono “più Europa”, o maggiore integrazione economica e politica, sono gli stessi che, al momento di decidere, si tirano indietro. Prendiamo la Merkel: rilancia l’Unione politica, afferma che è in gioco il destino dell’Europa, ma boccia gli eurobond.

‘Ovviamente’ più sobrio dei colleghi ‘pro tempore’, il professor Monti afferma che l’Italia ce la farà da sola, senza chiedere aiuti ai partner: “La Merkel dice che l’Italia ce la fa, ma l’Italia ce la fa non perché lo dice la Merkel”. Un passo avanti, mezzo indietro: usciremo in tempo ragionevole, ma la situazione resta grave; ci siamo allontanati dall’orlo dell’abisso, ma il cratere s’è allargato.

Capiamoli, questi leader. Hanno da salvare l’Unione, ma hanno pure da salvare –molti di loro, almeno - il posto. Obama, quando ripete che l’Europa non cresce abbastanza, si preoccupa di arrivare all’Election Day il 6 Novembre con i tassi di crescita dell’economia americana troppo bassi; ma non schioda un cent per lo sviluppo dal Congresso di Washington, dove i repubblicani lo tengono in stallo.

Adesso, si ritrovano tutti al G20 di Los Cabos in Messico: fare la voce grossa prima, e mostrare come le cose sono nere, consentirà, dopo, di presentare come un successo l’acqua fresca di conclusioni pre-confezionate. A meno che, e torniamo al calcio, non fiocchino le sorprese: magari, nei quarti, la Grecia elimina la Germania.