Scritto per Il Fatto Quotidiano dell'11/09/2015
Se
avete visto Syriana, un trhiller politico con George Clooney nei panni di un
agente della Cia caduto in disgrazia - e non ci avete capito niente, in
quell’intreccio tra politica mediorientale e terrorismo internazionale -, siete
pronti a esplorare il ‘calderone Siria’ in bilico tra diversi destini: oggi, lì
si incrociano le intelligence di mezzo mondo. Senza che nessuna,
apparentemente, ci cavi un ragno dal buco. Salvo accorgersi – a cose fatte -
che arrivano i russi, che non sono i ‘nostri’, bensi i ‘suoi’ del presidente al-Assad,
uno dei tanti cattivi di questa storia.
Gli Stati Uniti – Sotto sotto, il loro
desiderio sarebbe disinteressarsi di quel che avviene tra Iraq e Siria, se non
fosse che un bel po’ di questi guai derivano dall’invasione del 2003 e dall’abbattimento
‘al buio’ del regime di Saddam Hussein – esercizio poi ripetuto in Libia -.
Però, il Califfato bisogna pur combatterlo, da lontano, chirurgicamente, con
droni e raid aerei, mentre quelli, chirurgicamente, sgozzano ostaggi e
oppositori. Qui, l’America non ha più interessi economici strategici, ma la
Super-Potenza non può mica esimersi dal guidare la coalizione che soppone alle
milizie jihadiste. E si mostra sensibile alla tragedia dei rifugiati,
accogliendone 10mila.
Le monarchie del Golfo, alleate (?) degli Usa – Il re d’Arabia saudita e
gli emiri che gli fanno corona lungo il Golfo, tutti sunniti doc, non hanno
molta simpatia per il regime di Damasco, alauita e, quindi, sciita. Ma ne hanno
ancora meno per il Califfo e i suoi sgherri, che saranno pure sunniti, ma che
costituiscono una minaccia per il loro potere. Eccoli, allora, prestare aerei
alla coalizione, senza però rinunciare a combattere gli sciiti in Yemen, non
potendolo fare apertamente tra Iraq e Siria, ché se non fai un favore al
califfo, e neppure in Iran, che ora è stato ‘sdoganato’.
La Gran Bretagna, la Francia e gli europei – Le ex potenze coloniali
della Regione non si rassegnano del tutto alla perdita dei loro ‘protettorati’,
anche perché qui hanno ancora influenze ed interessi. Certo che farli valere
con droni e bombe non è diplomaticamente molto raffinato, a rischio per di più
di fare un favore ad al-Assad, ché, se picchi in testa al Califfo, lui è ben
contento. Il resto d’Europa li aiuta poco: predica diplomazia e soluzioni di
transizione senza, o magari con, al-Assad; ma è più preoccupata dei siriani che
le si riversano in casa che di quelli che restano a casa.
La Russia – Qui, Putin si gioca molto: interessi politici e militari,
economici ed energetici. In ballo, c’è dall’inizio della guerra civile, quasi
50 mesi or sono e 250 mila morti fa, a tutela di al-Assad. Nel luglio del 2013,
tolse le castagne dal fuoco a Obama che s’era cacciato in un ginepraio per le
armi chimiche; adesso combatte il Califfo, e pure l’opposizione integralista di
al-Nusra, puntellando il regime, senza troppo dispiacere agli americani.
L’Iran – Freschi di riammissione nel salotto buono della diplomazia
internazionale, dopo l’accordo sul nucleare, possono fare apertamente da spalla
ad al-Assad, cui hanno sempre prestato l’appoggio degli Hezbollah. Anche loro,
però, servono a contenere il Califfo.
Israele – Della Siria, oggi, gli importa poco: fin quando i suoi nemici
se le danno fra di loro, lui può limitarsi a guardarli dall’alto delle alture
del Golan mai così saldamente sue come oggi. E ha pure modo di aiutare nel
Sinai i vecchi amici egiziani, divenuti di nuovo affidabili adesso che al
potere c’è il generale al-Sisi, arci-nemico degli islamisti, moderati o
estremisti che siano. Però, la Siria è una palestra per le mene del Mossad.
La Turchia – Come ti meno il Califfo, e quindi ti aiuto al-Assad, in totale
cinismo: quel che conta, per Ankara, è ottenere il patentino anti-terrorista
per menare i curdi sul proprio territorio. Che pure menano anche loro il
Califfo. Ma non sempre la proprietà transitiva vale nella real politik.
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